Chi siamo | Cosa facciamo | Contatti | Pubblicità | venerdì 22 novembre 2024 |
Dimmi come ti informi e ti dirò chi sei. La dieta degli italiani, in materia di utilizzo dei media, è stata stilata dal Censis nel nono rapporto sulla comunicazione dal titolo "I media personali nell'era digitale". Ne derivano conferme più che sorprendenti novità.
Un italiano su due online
Gli utenti Internet superano quota 50%, assestandosi al 53,1%, (+6,1% rispetto al 2009). Il dato complessivo si spacca tra l’87,4% dei giovani (14-29 anni) e il 15,1% degli anziani (65-80 anni), tra il 72,2% dei soggetti più istruiti e il 37,7% di quelli meno scolarizzati.È questo il dato che dà forma alla lettura del rapporto Censis. Perché ad esso si lega la conferma della crisi dei giornali con un -7% di lettori in due anni e i mezzi a stampa fuori dalla «dieta mediatica» del 53,3% dei giovani. Che fanno volare gli smartphone, per informarsi usano i tg (69,2%) tanto quanto Google (65,7%) e Facebook (61,5%), e guardano la tv su YouTube (47,6%).
Mix di fonti d’informazione e personalizzazione
La televisione resta un punto di riferimento e i telegiornali sono il modo in cui l’80,9% degli italiani si informano. Seguono poi i giornali radio (56,4%) e i quotidiani acquistati in edicola, ma la maggior parte delle successive risposte prevede un costante ricorso a internet con fonti come i motori di ricerca, i siti di news online, Facebook, youtube o Twitter.
Un altro aspetto interessante che emerge dal rapporto Censis è il fatto che oggi chi si informa lo fa non subendo passivamente quanto viene proposto, ma andandosi a cercare ciò che lo interessa, con una personalizzazione dei contenuti che sembra far tramontare la filosofia che ha ispirato la tv generalista. Ognuno si costruisce una nicchia di consumi mediatici e palinsesti «fatti su misura». Indipendentemente dall’uso del televisore, il 12,3% della popolazione attinge ai siti Internet delle emittenti tv per seguire i programmi prescelti, il 22,7% utilizza YouTube, il 17,5% segue programmi tv scaricati tramite il web da altre persone. Il dato relativo ai giovani che guardano i programmi su YouTube sale al 47,6% (il 20,1% lo fa abitualmente). Il 36,2% dei giovani, inoltre, segue programmi scaricati da altri (si tratta di ragazzi che si scambiano file tra di loro) e il 24,7% ricorre ai siti web delle emittenti tv. Nei programmi seguiti via Internet, musica (18,3%), sport (11,7%) e film (9,9%) sono ai vertici dell’interesse.
Pagare? No, grazie
Sarà duro e lungo il cammino per far passare, se mai passerà, l'idea che l'informazione su internet si debba pagare. Gli italiani non ne vogliono proprio sapere. Il 39,1% afferma che la gratuità è proprio la forza della Rete che gratis deve rimanere, mentre per il 35,8% la pubblicità online dovrebbe essere l'unica fonte si sostentamento dei media sul web. Soltanto il 15,4% sarebbe disposto a pagare per mantenere la qualità dell'informazione e il 9,6% concede che pagare aiuterebbe a non compromettere l'indipendenza degli editori.
Si guarda la tv ma non le si crede più
Se gli italiani non rinunciano al tg della sera non sono però più disposti a credere alla televisione. È lei infatti il mezzo al quale viene prestata la minor credibilità. In una scala che va da 1 (minimo) a 10 (massimo), televisione e carta stampata non raggiungono il punteggio della sufficienza in termini di reputazione, secondo l’opinione degli italiani: 5,74 è il voto medio di credibilità della televisione e 5,95 è il voto dato ai giornali. Maggiormente credibili radio (6,28) e Internet (6,55), percepita come un mezzo più libero e «disinteressato». Non mancano però le critiche al web, giudicato un luogo dove circola troppa “spazzatura”, con riferimento a blog o video fatti in casa, e considerato un mezzo troppo superficiale.
I giornalisti ne escono male
Dei giornalisti è diffusa una rappresentazione di scarsa indipendenza ed eccessivo legame con il potere, politico o finanziario. Nonostante l’80,9% li consideri molto o abbastanza informati, il 76,8% competenti e il 71,7% chiari nell’esposizione dei fatti, per il 67,2% sono poco indipendenti e per il 67,8% molto o abbastanza spregiudicati. Questo li rende poco affidabili agli occhi della metà della popolazione (il 49,8%). Tra i giudizi negativi spicca il dato sulle smanie di protagonismo dei professionisti dell’informazione, giudicate eccessive dal 76,3% degli italiani.