Chi siamo | Cosa facciamo | Contatti | Pubblicità | giovedì 21 novembre 2024 |
Etica e giornalismo. Ad analizzare cosa pensano i diretti interessati del proprio mondo è stata una ricerca condotta da Astraricerca per conto dell’Ordine dei giornalisti del Veneto su un campione di 485 iscritti (62,9 uomini e 37,1 donne). In generale la valutazione che i giornalisti danno del proprio mondo non è certo positiva. Va evidenziata poi una tendenza all’autoassoluzione: insomma a sbagliare sono sempre gli altri. «Commistione fra pubblicità e informazione, frequenti violazioni della privacy, pressioni per disattendere le regole dell'etica – ha rilevato Gianluca Amadori, presidente dell'Ordine del Veneto, nel presentare la ricerca - sono fra i problemi più sentiti».
Il campione intervistato
Per la maggior parte si tratta di pubblicisti (71,1%), il 27,6% è professionista e solo 1,2% è praticante.
Oltre la metà, il 52%, ha fatto il suo ingresso nella professione negli anni Duemila, il 23,9% negli anni Novanta, il 17,5 negli anni Ottanta e il 6,6% prima ancora.
Le opinioni e i fatti
Alla domanda su quale dei comportamenti è importante per definire un giornalismo etico, ovvero presieduto da principi morali, praticamente tutti concordi nell’affermare che la verifica dei fatti e lo sforzo per evitare di fornire informazioni false o inesatte è alla base del buon giornalismo. Un significativo 85,6% è anche daccordo nella necessità di raccontare tutti i fatti rilevanti, senza omissioni o censure. Rispetto, cautela dei soggetti deboli, come i minori, sono altri comportamenti ritenuti etici.
Ma distiguere le opinioni dai fatti, sebbene sia un comportamento ritenuto necessario dal 76,1%, trova margini di dissenso più ampi. Insomma il giornalista che dice quello che pensa, che manifesta la propria parzialità, non per questo va ritenuto in difetto di etica.
I giornalisti giudicano male il mondo del giornalismo
Il giudizio sul mondo del giornalismo è poi impietoso. L’81,4% afferma che la diffusione dei comportamenti propri del giornalismo etico in Italia è nulla o bassa, per il 13,4% l’Italia è nella media mentre solo il 5,2% la giudica di alto livello.
Interrogati su come si comporta la testata presso la quale lavorano in merito alle norme del giornalismo etico, i giornalisti che hanno partecipato alla ricerca sono stati piuttosto severi. Anche se a livello locale va meglio che a livello nazionale. C’è grande attenzione a non rendere riconoscibili i minori (richiami e querele sono evidentemente dietro l’angolo), mentre solo il 59,6% sembra preoccuparsi di evitare di dare informazioni false o inesatte. Solo il 44,7% verifica che le opinioni citate corrispondano effettivamente al pensiero degli interessati e solo il 37,5% si cura di sentire tutte le campane.
Richiesti di indicare il grado di eticità di alcuni soggetti, i giornalisti tendono a considerare se stessi come più etici e corretti della testata per la quale lavorano, del proprio editore, del giornalismo nel proprio settore, di internet, dei quotidiani, per non parlare della tv che, sia pubblica che privata, è considerato il soggetto con il più basso grado di etica. Insomma il male è altrove.
Chi difende l’etica del giornalismo?
Stando alle risposte dei giornalisti veneti la coscienza dei singoli. Alcuni comitati di redazione. Viene poi l’ordine e alcune testate. L’opinione pubblica può far poco per oltre il 50% degli intervistati, così come i sindacati. Praticamente nullo l’apporto del governo a questo tema.
Cosa fare?
Alla domanda su cosa fare per accrescere l’etica del giornalismo la risposta più frequente è stata quella di sospendere le sovvenzioni alle testate che non hanno comportamenti etici, ma anche applicare seriamente le norme che già ci sono. Sanzioni agli editori, maggiori controlli hanno avuto il 46,6% e il 41,4% delle risposte. Mentre per il 40% degli intervistati si dovrebbe creare un’autorità indipendente con poteri di controllo e sanzione. Nella logica dell’autoassoluzione però l’ultima risposta, quella con minori consensi, è aumentare le sanzioni a carico dei giornalisti.