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Timu in swahili significa squadra. E la squadra che Timu si propone di formare ha come obiettivo quello di fare informazione. Promossa dalla Fondazione
Cosa fa Timu
Essendo una piattaforma aperta è senz’altro una vetrina per dare visibilità a inchieste e informazioni che altrimenti avrebbero difficoltà a farsi largo nel mondo dell’informazione. La collaborazione è un altro degli obiettivi che Timu si propone di conseguire. Ma c’è anche la possibilità di ottenere premi e riconoscimenti per i lavori più apprezzati dalla rete.
Cosa può fare l’utente
Innanzitutto registrarsi e creare un proprio profilo. Poi leggere i contenuti pubblicati e condividerli sui vari social network. Commentare i contenuti già pubblicati e caricare i propri contributi personali, generati sulla base del rispetto di un metodo comune. Video, testo, foto, brani musicali: la possibilità di comunicare un contenuto è aperta a ogni strumento.
Un metodo comune con 4 principi di base
Le inchieste che saranno ospitate su Timo dovranno nascere seguendo quattro principi di base, ritenuti capaci di garantire la qualità di ciò che si sta diffondendo. Ovvero accuratezza, indipendenza, imparzialità e legalità.
«Timu è aperto a tutti i cittadini che vogliono partecipare a patto che si sposino i principi del progetto che sono accuratezza, imparzialità, indipendenza, legalità. Ma pure alle organizzazioni che vogliono finanziare le inchieste. Timu è aperto a tutti i cittadini che vogliono partecipare a patto che si sposino i principi del progetto che sono accuratezza, imparzialità, indipendenza, legalità. Ma pure alle organizzazioni che vogliono finanziare le inchieste - ha spiegato all’Ansa Luca De Biase, presidente di ahref, ma anche scrittore, blogger, editorialista di Nova 24, l'inserto dedicato alle tecnologie del Sole 24 Ore.
«Possono partecipare anche i blog mentre le grandi testate sono libere di prendere i contenuti delle inchieste ovviamente citando la fonte. Ci sono già 230 persone che stanno contribuendo ed è partito il pilota di una grande inchiesta sulla dispersione scolastica nel Mezzogiorno, finanziata dalla Fondazione 'Con il Sud'».
Inchieste: disposti a pagarle?
Il nodo cruciale sono ovviamente i soldi. Si cerca quindi uno sponsor o un modo per far pagare le news, in modo da avere introiti ma anche di garantirsi l’indipendenza. In America c'è Spot us. Che ha partorito anche una versione italiana. Ma il piatto piange. Cliccando sulle inchieste finanziate non si hanno risultati e le promesse di donazioni sono abbastanza poche. Ma gli italiani sono davvero disposti a pagare per essere informati o per leggere un’inchiesta? Qualche tentativo di sondare questa disponibilità c’è stato, con risultati non proprio eclatanti. Repubblica fa votare l’inchiesta da realizzare, ma di soldi non ne parla. Internet per molti significa gratuità ed è questo il problema di fondo, che nel nostro Paese si lega anche ad un senso civico non proprio ipertrofico. La strada da percorrere è lunga e non priva di difficoltà.
4 ottobre 2011